In questa raccolta Henry Ariemma affronta la questione del limite esistenziale in due sezioni, dedicate la prima ad Arimane, il dio del male, e la seconda a Spenta Mainyu, lo spirito del bene, partendo dall’esergo platonico, secondo il quale «Dio è innocente», e dalla citazione di un poeta persiano che i nomi di “bene” e di “male” appartengono non alla realtà, ma agli uomini.
Ci troviamo di fronte a una breve, ma suggestiva silloge, densa di domande e di interrogativi capitali, spesso “incosati” in gesti, in situazioni, in figure appena appena tratteggiate.
Ma la poesia conserva proprio il fascino di battere sul cuore e sulla mente del lettore adulto e di spingerlo a porsi interrogativi degni dell’essere umano (Giulio Greco).