Smisurata Eleonora, avvinghiata al fuso che è per lei la poesia, impazzita d’estremo, Eleonora-Aurora «dalle dita di prosa» squaderna «ardite acrobazie», osa «sillabe di vaticinio», maneggia con notevole maestria «questa lingua che vaga / pronunciando il suo infinito» sotto un cielo torvo, «sciame malato di sussurri» nello spazio pagano puntellato di perdite e rovine (Gabriella Sica).