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"Vestiamoci di versi" su La Sicilia

 

LaSiciliaCon “Vestiamoci di versi”, il titolo dell’ultimo libro di poesie di Adalgisa Licalzi, l’autrice mette a nudo il proprio sentire. Non a caso, Giuseppe Digiacomo, autore della prefazione del volume, presentandolo all’Auditorium del Teatro Naselli di Comiso, ha parlato di “titolo ossimorico, perché la poesia denuda non veste”. “Vestiamoci di versi”, segue di quasi un decennio, il precedente “Non ha ali ... una donna”, una sorta di diario intimo di Aldalgisa Licalzi che ora scava fino nel fondo lo scrigno, prezioso, dei ricordi perché la gioventù passata possa rivivere ora serena e armoniosa.

Hanno affiancato la poetessa comisana al momento della presentazione del libro, Maria Concetta Loggia Fedino, presidente dell’Unitrè, Gianni Scapellato, figlio maggiore di Adalgisa Licalzi, e il sindaco Filippo Spataro.

 

L’attrice Lella Lombardi ha recitato alcuni brani. Digiacomo ha osservato che le poesie proposte nel volume sono state composte “nell’arco di una vita che però non è quella biografica in senso stretto perché quella di una poetessa, in quanto tale sciolta dai vincoli di una vita scandita dal tempo e, invece, momenti che si susseguono. Versi, dunque, che sono consuntivo di una poetica”.

“La forza della poesia – ha continuato Digiacomo – consiste nel ridare forza e valenza evocativa alla parola. Poesia è prosoedia, è melos che richiama atmosfere che solo la lettura o il canto possono dare. In ciò Adalgisa Licalzi è poetessa vera. Il suo registro poetico, inoltre, svela una vis polemica nei confronti della società perché la sua vicenda donne non si era portatori di diritti e di opiumana e creativa ha intercettato il conformismo perbenista di una Sicilia certamente colta e intelligente ma ancora ferma agli stereotipi di una realtà maschilista, proponendosi così secondi i canoni di un femminismo ibleo ante litteram”.

Filippo Spataro ha osservato che quelli di Adalgisa Licalzi sono “versi capaci di toccarti il cuore”. “Sono stata donna quando essere donna non era facile, in quanto come donne non si era portatori di diritti e di opinioni - ha concluso Adalgisa Licalzi -. Ho scritto queste poesie da ragazzina, e le ho tenute nel cassetto per quella forma di pudore tipica di chi scrive poesie. Per me questi versi erano semplici pensieri, dovuti alcuni ad un amore giovanile platonico, altri legati all’impegno sociale ed alle tradizioni della mia terra e del sud. Questo è un libro che continua a perseverare questo amore per la Sicilia. Un amore grandissimo e riportato in versi”.

 


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