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LA QUASI LOGICA su Zona di Disagio

Il saggio di Stefano Cazzato “La Quasi Logica – pratiche del consenso e del dissenso” (Giuliano Ladolfi Editore) ha il merito, non di poco conto, di portare in evidenza preziose riflessioni sull’utilità del discorso argomentativo ovvero sulla retorica, ponendo all’attenzione generale ciò che oggi potrebbe sembrare antico o peggio vetusto ma che in realtà è di stringente attualità.

È opportuno sorvolare sul retaggio demolitorio della retorica ad opera soprattutto di Platone, il quale la definì quale arte dell’occultamento e del travisamento della verità, con l’unico fine di ingannare gli interlocutori conducendoli a prendere una decisione che, senza la “manipolazione retorica”, non avrebbero mai preso.

Certo la retorica può presupporre un inganno, tuttavia l’eventuale uso “manipolatorio” della parola non può, nell’ambito di una dinamica dialogica democratica, escludere il valore in sé della parola, in special modo nell’ambito di un regime democratico ove le idee scritte e verbalmente espresse costituiscono il fondamento del confronto.

L’utilità della retorica è l’elemento imprescindibile per una teoria democratica quale paradigma deliberativo del discorso politico, salvo che si intenda la democrazia come l’arte di selezionare i ceti dirigenti tramite la mediazione tra interessi inconciliabili, pertanto ripensare il ruolo della retorica funzionale al discorso politico arricchisce il significato stesso di deliberazione.

Dunque sarebbe più utile distinguere tra una retorica della deliberazione e una retorica della manipolazione, dove la prima è classicamente riconducibile ad una delle tre figure retoriche aristoteliche quale deliberazione su eventi che dovranno accadere al fine di decidere ciò che si dovrebbe o non si dovrebbe fare.

La dimensione della retorica della deliberazione è quindi quella della possibilità, ovvero un percorso per orientare le decisioni nell’ambito del dibattito politico, in funzione di un’interpretazione della realtà rivolta al bene della comunità politica.

Di conseguenza il fine ultimo non è la manipolazione delle opinioni ma effettuare un percorso razionale, il più verosimile, per mettere i decisori politici nelle condizioni migliori per assumere le scelte più pertinenti.

Nella dinamica democratica il discorso politico è fondato sulla parola, sullo scambio di opinioni, sulle interpretazioni di fatti che riguardano la collettività pertanto la retorica deliberativa è fondamentale.

Se si accetta l’idea della fallibilità umana si deve necessariamente riconoscere la regola politica della maggioranza, cioè di una interpretazione non scientifica della realtà che la comunità può emendare in quanto erronea.

Questa dimensione della possibilità e della perfettibilità fa assumere alla retorica deliberativa un ruolo fondamentale nell’ambito del discorso politico democratico, inteso quale uso non arbitrario del giudizio regolato da norme condivise e con obiettivi pubblici per una specifica comunità. Di contro la retorica manipolativa e demagogica impedisce il dialogo demonizzando l’avversario, il conseguente risentimento esclude il ragionamento critico davanti al pronunciamento di verità inconfutabili.

Date queste premesse non sfugge a nessuno la portata rivoluzionaria della retorica deliberativa nella misura in cui essa tende a sovvertire, attraverso il pensiero critico e argomentativo le ragioni dell’avversario infatti: “un atto rivoluzionario non è solo uno strappo politico ed economico, sul piano della struttura, ma uno strappo che si compie nel modo di pensare sulla base di ragioni ritenute migliori di quelle dell’avversario” (La Quasi Logica pag.15), dunque la potenza della parola è effettivamente la causa dei grandi cambiamenti sociali.

Gianfrancesco Caputo

https://zonadidisagio.wordpress.com/2020/12/07/la-retorica-una-possibilita-per-il-pensiero/


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