Il luogo di nascita ricopre per ciascun individuo un’importanza rilevante, le proprie radici si dice che non si possono rinnegare e ne consegue che il “natio borgo” lo si porta dentro ovunque si vada come una sorta di tatuaggio sul cuore.

E arriva quasi sempre il giorno in cui si desidera tornare per rivivere i luoghi dell’infanzia, che sia stata più o meno gioiosa.

Si ritorna, anche se poi i sentimenti e le emozioni che ne derivano possono essere alquanto contrastanti: a volte si può anche rimanere delusi perché ricordi e nostalgia hanno il potere di travisare la realtà.

Il mio paese dentro un romanzo affronta quindi “un ritorno”.

La voce narrante è quella di una donna che dopo anni vissuti altrove sta valutando se tornare a vivere stabilmente in quella casa di pietra in cui è nata.

E intanto passeggia per i viottoli, osserva attentamente tutto quanto la circonda, è intenzionata a racchiudere il suo paese dentro un romanzo perché ha scoperto con rammarico che la memoria si addormenta ed eventi rimarchevoli, che hanno mutato la conformazione del territorio, sono andati perduti per cui, attraverso testimonianze e ricerche documentali, ne tenta la ricostruzione.

Si trova dentro un travaglio emotivo notevole perché si rende conto che il paese che portava nel cuore non esiste più o forse si è evoluto non del tutto positivamente o, forse ancora, è lei a essere cambiata.