Andrea Giampietro ha una personalità multipla, a più facce, aperta ad ogni aspetto della cultura e, in particolare, della letteratura. Critico letterario, traduttore, operatore culturale, ma soprattutto poeta. È nato nel 1985, ma la sua produzione poetica (da Il paradiso è in fondo, 2010, a Di notte a luna spenta, 2012, da Cronache dall’imbuto, 2017, a Quasi una scorciatoia, 2020, di cui ci occupiamo in questa sede), nonostante la sua giovane età, ha già una notevole consistenza e non soltanto da un punto di vista quantitativo ma anche qualitativo, sostanziale, nel senso che già possiede una sua inconfondibile valenza, una sua cifra distintiva, una immediata ed esemplare riconoscibilità, nei termini di uno stilismo in cui si compendiano modalità operative ed atteggiamenti salienti della più pura tradizione letteraria italiana.
Ma anche se, ad un primo sguardo, la sua esperienza poetica sembra rifarsi, da un punto di vista formale, al patrimonio stilistico della classicità con il costante impiego dell’endecasillabo e, non di rado, della rima, il suo atteggiamento intellettuale e psicologico è del tutto allineato con i canoni culturali e ideologici dell’attualità, come attuale è la sua visione della realtà del nostro tempo. Si ha l’impressione, anzi, che il ricorso a tali moduli ritmici e fonologici (estranei in genere all’esperienza poetica contemporanea) abbia lo scopo di assecondare una innata predisposizione critica nei confronti di tale realtà col ricorso ad uno stilismo espressivo ironico e, sotto certi aspetti, epigrammatico, che cioè, attraverso tali moduli, voglia, in qualche misura, mascherare una istintiva e profonda affettività alla vita nei suoi molteplici aspetti, ma soprattutto riscattare e, in un certo senso, sublimare una condizione di disagio personale sia in riferimento ad una situazione di quotidiana pertinenza ed evenienza che ad una condizione psicologica e sentimentale ontologicamente presente nell’avventura esistenziale dell’uomo: «Sudando asciugo i vetri ed i calori / di quanto terso ancora non risplende; / dalla finestra accampo dentro e fuori / concerti di mosconi a fior di tende. / Sarà l’estate od il presagio tardo / di primavere od un anticipato / scompiglio dell’inverno od il riguardo / dell’autunno che stagna senza fiato. / Sicuramente un rostro di cicale / approda ai nervi e suscita l’indizio / d’un afono solfeggio che ci assale / nel guaio di stagioni, ed è l’inizio...».