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Ancora più tracce visibili, ancora più orme incise, più lucentezze e ombre indecifrabili e nette. Ancor più immagini stagliate entro un lessico poetico che, se si fa minimo con i minimi, fragile con i fragili, anche si carica di colori e risorse, si ampia e frastaglia d’immagini che prendono il sopravvento sulla parola e che assorbono, colpiscono, fanno riflettere.

Leggere gli ultimi lavori poetici di Liliana Zinetti, I cipressi di van Gogh (Giuliano Landolfi Editore, Borgomanero 2011, di seguito CvG) e Improvviso il mare (L’arcolaio Editore, Forlì 2012, di seguito IM) è nello stesso tempo sperimentare la doppia felicità del ritrovamento dei topoi  poetici precedenti e della scoperta di un’evoluzione che li rende questa volta ancor più incisivi e precisi. Ritrovare un paesaggio, e ritrovarlo entro una luce migliore, un risalto più netto. Anche concettuale.

 


“Non c’è misericordia/ per la nostalgia” p.65, recitano alcuni versi di quest’ultima raccolta poetica di Renzo Ricchi. Non è una constatazione, ma una condanna e allo stesso tempo un rifiuto, un voler respingere lontano dal proprio orizzonte qualsiasi percorso che cerchi nel passato le ragioni del presente.

“L’eternità delle rovine, secondo me, è un percorso immerso in un tempo fuori dal tempo, dove passato, presente e futuro assurgono a una dimensione altra, e il pensiero vive in una continua tensione e la realtà quotidiana o gli accadimenti del mondo, qualsiasi particella di cui si compone la nostra esistenza hanno una loro ragione in un eternarsi della consunzione. “Oh l’umiltà del cosmo/ malgrado il suo splendore/ la modestia di nascere e svanire…” p. 23.

 


Tratto da: NOI MAGAZINE, Dicembre 2012

Francesco Teruggi, scrittore e ricercatore indipendente, sceneggiatore, impegnato in collaborazioni giornalistiche, alterna il lavoro con la ricerca di approcci sempre nuovi alle culture del pianeta. Si interessa di innumerevoli discipline scientifiche, dall'archeologia, alla paleontologia, all'antropologia, all'astronomia. Ma non esita a metterle a confronto con ambiti del sapere spesso insoliti, arditi,ed esotici, che spaziano dal simbolismo alle discipline ermetiche e iniziatiche, dalla radistesia agli studi più avanzati sulle "energie sottili".

Non dimentichiamo i suoi splendidi reportage pubblicati mensilmente sulla nostra rivista, in cui sa unire passione per la conoscenza, cultura per la comprensione di usi e costumi diversi dai nostri con stile fluido e avvincente, che fa di lui uno scrittore di grande livello.


“I racconti della cataratta” è uno di quei libri che mettono in difficoltà i librai nel momento in cui debbono sistemarli sugli scaffali per la vendita. In un’epoca di rigide categorizzazioni letterarie, nella quale il romanzo ha un primato assorbente rispetto ad altre modalità di scrittura in prosa, questo testo di Filippo Cruciani sfida la tassonomia dei generi. All’apparenza è un libro di racconti, ed in particolare di quella sottospecie che è il racconto storico; eppure, fin dalle prime pagine, ci si rende conto che alla narrazione pura si associa il piglio divulgativo e saggista del professore universitario. Cruciani, che è titolare della cattedra di Oftalmologia alla Sapienza di Roma, indugia nelle definizioni, nelle trattazioni, nelle spiegazioni, nelle citazioni dei termini latini.


Il suo pontificato durò 27 anni, dopo tre subì un attentato da cui uscì vivo per miracolo. Fu il primo pontefice a chiedere perdono per tutte le sofferenze inflitte dalla Chiesa ai non cristiani, che mise sul banco degli imputati per rispondere, in primo luogo, del silenzio sull'Olocausto. Nel 1992 dichiarò che fu un errore condannare Galileo Galiei e la sua teoria eliocentrica. Karol Wojtyla intese il suo ufficio non compe capo di Stato, ma come missionario.

 


Tratto da Poesia.blog.rainews24.it

Nello scaffale
a cura di Luigia Sorrentino

Li avete mai visti da vicino i cipressi di Van Gogh? Trasmettono un’energia fortissima, che solleva da terra.
A febbraio del 2011, nella mostra allestita al Vittoriano di Roma, dove sono state esposte alcune delle sue opere più famose, vi erano anche i cipressi. La forza di quelle cime svettanti è rimasta impressa nei miei occhi, e ha lasciato un segno indelebile.

 


  1. America Oggi parla di Lorenzo Strona
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  3. Lettera di Francesco Perono Cacciafoco a Giuliano Ladolfi
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